Per la rubrica Mondo scrittura ospitiamo oggi l’autore Giovanni Venturi che ci parla del climax del romanzo.

Wikipedia ci dice che nella narrativa, nel teatro, nel cinema, ecc. il climax indica “l’apogeo di una serie di eventi concatenati che portano a una fase di particolare intensità.”

E se in un testo narrativo non esistesse questo elemento chiave potremmo ancora essere soddisfatti di ciò che stiamo leggendo? Io qualche dubbio lo avrei.

Probabilmente l’apogeo della serie di eventi concatenati che porta al massimo punto di intensità è molto evidente per romanzi di genere. Nel giallo è il momento in cui si scopre chi è l’assassino, nel thriller è il momento in cui vengono svelati i fatti su cui si basa l’intera narrazione, ma in un romanzo di narrativa tradizionale?

Bella domanda, no?

Se non vi fosse un climax potremmo leggere il romanzo? Se ha uno stile bello, unico e fantastico, il climax è rappresentato dallo stile e la trama è poca roba, ma testi del genere sono rarissimi. Uno su un milione? Forse uno su centomila? Non lo so.

In un romanzo di narrativa, benché se ne dica, ci deve essere azione, molta azione. Ci deve essere un momento in cui il lettore deve saltare dalla sedia, almeno è così che lo immagino io. E se non salta dalla sedia (è abbastanza difficile che qualcuno salti davvero dalla sedia mentre legge: con tutta la quantità di cose che si leggono e a cui ci hanno abituato, TV e cinema inclusi, solo un autore straordinario e unico può riuscirci) un autore deve comunque smuovere i sentimenti di un lettore. Perché non è la notizia o il fatto in sé che porta al climax. Un romanzo potrebbe anche iniziare con il crollo di un palazzo, con l’esplosione di una bomba che apre una voragine in una strada, ma al lettore che è appena entrato in scena non fa effetto. Una scena del genere potrebbe avere il suo bell’effetto in un cinema, con effetti speciali e suono Dolby Surround a palla, poi è chiaro che bisogna ci sia il resto con un bel lungo flashback. Può anche essere l’inizio del nostro prossimo romanzo, ma dobbiamo saper creare aspettativa, tensione e costruire i personaggi nella pagine che seguono, ma che raccontano di ciò che è successo prima.

La serie televisiva Lost inizia con l’occhio di Jack che si apre, l’aereo è precipitato e si è scatenato il caos sulla spiaggia e poi man mano gli autori si focalizzano sui singoli personaggi. Trama e personaggi, personaggi con il loro passato e piccoli passi avanti nella trama.

Per giungere a smuovere il lettore bisogna non solo presentargli un fatto più o meno sconvolgente, ma bisogna portarcelo pian piano. Come? Facendogli conoscere il protagonista, permettendone l’immedesimazione nelle sue azioni. Se a metà romanzo crolla il palazzo in cui potrebbe esserci il protagonista e il lettore ha imparato a conoscerlo e a condividere le scelte della sua vita sarà come perdere un amico, anche se l’effetto forte è quello di lasciare il lettore con il dubbio: è morto davvero?

Ma il climax è uno solo? Il massimo impatto drammatico in genere è uno solo, nel complesso del tessuto della storia in cui viene rappresentato, ma ci sono tanti alti e bassi nel resto del testo che spingono il lettore a continuare la lettura, a incuriosirsi.

Ne “Le parole confondono” i climax sono due, perché nel mio romanzo ci sono due storie parallele che culminano ognuna, dopo una serie di eventi, in un fatto bello forte. Nel caso di Andrea adolescente è un evento violento e sconvolgente che guiderà le sue decisioni a venire. Nel caso di Andrea adulto sarà una scoperta altrettanto sconvolgente che farà sul suo migliore amico. E dopo il climax si realizza lo scioglimento della storia, dopo un po’ i personaggi ci lasciano e noi chiudiamo il libro. Certo è che un bel libro non finisce con l’ultima pagina e, possibilmente, quei personaggi continuano ad accompagnarti per un po’ in testa.

Giovanni Venturi
Era quella l’idea de “Le parole confondono”, infatti i personaggi mi sono restati in testa già mentre scrivevo. Ognuno di loro aveva una storia da raccontare e in particolare Francesco, il migliore amico di Andrea. E così Le parole confondono ha una parte seconda che si focalizza su Francesco. Un personaggio che ti resta dentro, almeno a chi ne ha tirato i fili della trama.

Quando si inizia a scrivere un romanzo le prime due cose che si pensano, dopo aver grossomodo definito i personaggi, sono:

 – qual è il climax?
 – come finirà?

Sono elementi importantissimi intorno a cui ruota il tutto. Il finale può cambiare, qualche dettaglio, qualche ragionamento mentre si scrive può indurci a un finale diverso, o anche a un climax diverso, l’importante è che si abbia coscienza di queste due cose, l’importante è che ci sia coerenza con il tutto.

Sempre ne “Le parole confondono” avevo in mente un climax diverso per l’Andrea adulto, ma poi mi sono spinto su qualcosa di leggermente differente che credo abbia coinvolto ancora di più il lettore, facendo ruotare il tutto addosso a un personaggio secondario che alla fine assume un ruolo davvero importante, permettendo di consolidare il tema del romanzo in maniera che, al momento, mi sembra buona. 

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