Il faraone eretico: Akhenaton

Per chi ama la storia e la civiltà dell’Antico Egitto non è possibile non soffermarsi su Akhenaton-Amenofi IV. Un sovrano che mutò il suo nome, stravolse le tradizioni religiose, volle una nuova capitale e cercò di creare una società diversa. La stessa arte, sviluppatasi durante il regno di Akhenaton, è ritenuta esasperata, eccessiva ed ha fortemente colpito gli studiosi di storia dell’arte. Alcuni egittologi lo hanno esaltato, altri hanno evidenziato la sua pazzia e le sue malattie. Rimane comunque una figura fuori dal comune. Una dimostrazione di tutto ciò è il bellissimo romanzo storico «Sinuhe l’egiziano» di Mika Waltari, pubblicato nel 1945, che ebbe uno strepitoso successo tanto da divenire un bestseller internazionale e nel 1954 Hollywood realizzò un film dallo stesso titolo. Il suddetto romanzo è ambientato durante il regno di Akhenaton-Amenofi IV (è lui stesso uno dei protagonisti), incentrato sulla decadenza dei valori umani in un mondo oramai materialista che parve d’attualità alla fine della seconda guerra mondiale.

 

Probabilmente all’età di quindici anni Akhenaton divenne faraone nel 1364 a.C., (era già sposato con Nefertiti, figlia di un importante personaggio di corte). Amò moltissimo la sua sposa, il cui nome si può tradurre con «la bella è arrivata», tanto da essere sempre presenti insieme durante i riti religiosi e le cerimonie ufficiali. Nefertiti darà ad Akhenaton sei figlie, che saranno molto amate dalla coppia reale. Come esempi si può far riferimento al bassorilievo in cui la regina, seduta sulle ginocchia del faraone, ha con sé una delle figlie o ancora ad una piccola statua che raffigura Akhenaton mentre stringe a sé una delle figlie oppure una serie di bassorilievi che mostrano re e regina disperati per la morte della loro secondogenita a causa di una grave malattia.

 
 
 

Amenofi IV decise di mutare il suo nome in Akhenaton, che vuol dire «servizievole con Aton», durante il quinto anno del suo regno. Era certo che l’unico dio che si dovesse adorare fosse Aton (il disco solare). Vietò l’uso della parola «dei» al plurale. Dato che da sempre la politica non si può disgiungere dalla religione, il futuro dell’intero Egitto fu condizionato da un tale pronunciamento. È evidente che il faraone con tale decisione volesse anche lottare contro i sacerdoti dei templi e allontanarli dalla gestione di cospicui beni temporali, appartenenti alla corona, oltre che ridurre la loro potenza. Ottenne il supporto delle classi medie della popolazione e di alcuni stranieri, che si erano arricchiti e ben integrati nella società egizia. 

Per portare fino in fondo il suo progetto, visto che ogni città egizia aveva una divinità protettrice, volle fondare una nuova città in onore di Aton, Akhetaton (l’orizzonte di Aton), il cui nome moderno è Tell el Amarna. La città non venne fondata per un capriccio. Aton, dio d’amore e di luce, era ben rappresentato dal disco solare, i cui raggi finivano con delle mani dispensatrici di vita. Il monarca era il suo sacerdote, il suo profeta, e faceva conoscere personalmente la religione di Aton. I terreni, che circondavano la «nuova città», potevano essere utilizzati per l’agricoltura e l’allevamento fornendo agli abitanti il necessario per sfamarsi. La città venne alla luce molto rapidamente, con strade ampie, zone verdi, parchi e grandi palazzi nobiliari. Molti scribi, sacerdoti, militari, artigiani, contadini, architetti e scultori si trasferirono ad Akhetaton per seguire il faraone. Il cuore della città non poteva che essere il tempio di Aton, lungo ottocento metri e largo trecento. Questo tempio era molto differente dagli altri santuari. Non vi erano sale buie dove veniva celebrato il culto, si era in presenza di diversi cortili a cielo aperto che conducevano all’altare di Aton. 

Poiché Akhetaton era la capitale vi erano presenti una zona dei ministeri, un palazzo dove era allocato il Tesoro pubblico, una scuola che preparava a svolgere la mansione di funzionario ed alcune zone commerciali e residenziali, dove le abitazioni più minuscole erano formate da almeno tre stanze. Alcuni visitatori definirono la città bella e piena di fascino. La capitale praticamente viveva in autarchia, infatti i palazzi nobiliari potevano essere paragonati per la loro funzione alle ville romane o ai castelli medievali. Inoltre soldati composti in buona parte da nubiani ed asiatici controllavano i dintorni, impedendo qualunque possibile attacco. I funzionari di Akhenaton, che avevano seguito il faraone, erano in buona parte adoratori sinceri di Aton, ma certamente alcuni compresero che praticando il nuovo culto avrebbero fatto una veloce carriera.

Fondare una nuova capitale e far conoscere la nuova religione furono dei compiti che assorbirono completamente Amenofi IV, pertanto la politica estera fu davvero fallimentare e poco si occupò della supremazia dell’Egitto sui potentati vicini. Inoltre il faraone amava la pace ed odiava la guerra. Gli Hittiti ed i loro alleati pian piano conquistarono tutti i possedimenti egizi dell’Asia. Quindi per gli egizi il dio Aton finì per rappresentare il simbolo dell’indebolimento della loro nazione. La domanda che si posero numerosi storici è perché il faraone non intervenne a salvaguardia dei suoi possedimenti. Secondo alcuni egittologi la morte prematura di Nefertiti, avvenuta nel tredicesimo o quattordicesimo anno del regno di Akhenaton, privò il faraone della sua «ancora di salvezza», del suo «sostegno» e costituì uno scoglio insormontabile per un uomo così sensibile.

Freud rimarcò la somiglianza incredibile del Salmo 104 della Bibbia, che esalta la gloria di Dio, con «l’Inno al Sole» di Akhenaton. Il celebre psicoanalista evidenziò la relazione tra il culto di Aton e Mosè, che potrebbe avere due spiegazioni. La prima sottolinea che Mosè venne educato presso la corte del faraone Haremhab. Freud sosteneva veritiero il pensiero di alcuni egittologi che ritenevano la figlia del faraone (che adottò Mosè), fosse molto probabilmente la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton, finita dopo alterne vicende in sposa al faraone Haremhab. La seconda, più probabile, è che Mosè fosse un cortigiano di Akhenaton e pertanto divenisse un adoratore di Aton; questa ipotesi sembra suffragata dalla data di nascita di Mosè, il 7 Adar 2368 (probabilmente tra il 1391-1386 a.C.), che lo fa un contemporaneo del faraone Akhenaton.

«l’Inno al Sole» di Akhenaton

“O disco solare vivente,
quanto sei bello,
grande, splendente.
I tuoi raggi circondano le terre
Fino al limite di tutto ciò
Che hai creato…
Come sono numerose le tue opere,
o dio unico,
a cui nessuno è uguale.
Hai creato la terra secondo il tuo desiderio
E gli uomini e il bestiame,
e tutto ciò che è nel cielo…
quando riposi la terra è nell’oscurità
come se fosse morta,
tutti i leoni escono dalla loro tana
tutti i serpenti mordono.”.

Salmo 104

“O signore mio dio
quanto sei grande!
Di maestà e di gloria ti rivesti
Quanto numerose sono le tue opere
O mio dio,
le hai fatte tutte con sapienza;
piena è la terra
delle tue creazioni…
tu ordini le tenebre
ed è notte
e i giovani leoni ruggiscono
in cerca di prede.
Quando spunta il sole
Si ritirano e si coricano nelle loro tane”.

Come si può giudicare il faraone Akhenaton? Un sognatore, un romantico che visse in una epoca troppo dura? È veramente difficile poter dare una risposta. Senza alcun dubbio fu un sovrano che volle tentare un esperimento religioso, che per diversi motivi (i quali ho cercato di spiegare) non andò a buon fine. 

BIBLIOGRAFIA

E. BRESCIANI, L’Antico Egitto, De Agostini, Novara 1998;
N. GRIMAL, Storia dell’Antico Egitto, Laterza, Bari 2007;
H. SCHLOGL, L’Antico Egitto, Il Mulino, Bologna 2005;
T. WILKINSON, L’Antico Egitto. Storia di un impero millenario, Einaudi, Torino 2012;

7 commenti

  1. Comunque Freud non poteva sapere chi fosse il faraone nella cui corte fu allevato Mosè perchè non è riportato nella Bibbia e tutt'ora non si ritrovato ancora niente di sicuro. Non si sa chi fu quel Faraone e nemmeno quello successivo che cercò di sterminare gli Ebrei al Mar Rosso. Comunque Akhenaton fu davvero unico. Interessante, grazie
    Silvia Massimi

    1. Meglio, a mio parere: osservazione di Freud libera da preconcetti; ha semplicemente osservato una somiglianza enorme e credo non casuale fra l’Inno al Sole ed il Salmo 104; non mi convince invece il racconto della costrizione degli israeliti ( erano già di religione ebraica? Non credo ) a costruire la nuova città (furono operai e non schiavi a costruire le grandi piramidi, ad esempio) . Ho il vago sospetto ( ma fino ad ora non potrà che restar tale) che la religione monoteistica ebraica sia figlia della dottrina religiosa portata avanti da Akenaton e che la fuga degli israeliti dalla terra d’Egitto possa esser “figlia” dell’appoggio dato da quel popolo alla rivoluzione religiosa, alla fine abortita ( e non poteva aver diverso esito, visti i grandi interessi terreni intaccati).

  2. Grazie a te, Silvia.
    Si, ci sono parecchie cose nella storia, soprattutto antica, che gli studiosi ipotizzano con una certa misura di approssimazione in base ai dati correlati a disposizione. Quello che fece Akhenaton resta comunque sorprendentemente rivoluzionario, e non solo per la sua epoca. 🙂

  3. Sì, ed io ci trovo molte similitudini tra la sua politica e quella della Chiesa, anche il disco solare, anche se lui ci aveva aggiunto i raggi con le mani, ricordano molto le aureole dei santi. Anche l'uso di croci è precristiano, in Egitto si usava quella ansata. Ciao Isabel Buona serata
    Silvia Massimi

  4. La Bibbia dice che Mosè al momento dell’Esodo era nella sua terza decade di vita (30-39 anni). L’ipotesi che la principessa che lo salvò dalle acque fosse Ankhesenpaaton durante il regno di Akhenaton, porterebbe l’Esodo durante il regno di Horemheb, cosa alquanto improbabile.
    Per inciso Horemheb non sposò Ankhesenpaaton / Ankhesenamon, ma la figlia del predecessore Ay, Mutnedjemet.
    Condivido la seconda ipotesi. Ritengo infatti che Mosè fosse il visir di Amenhotep III e Amenhotep IV / Akhenaton, Ramose.
    Costui lasciò incompiuta la sua bella tomba nella Valle dei nobili a Tebe ovest, non vi fu mai sepolto e non seguì Akhenaton ad Akhetaton.
    E’ dunque plausibile che come visir egli abbia partecipato alla costruzione della nuova città (4°-5° anno di coreggenza 1400 – 1399 a.C.). A questa costruzione avrebbero partecipato ai lavori forzati gli Ebrei per la fabbricazione di mattoni per l’edificazione delle case.
    La Bibbia dice che Mosè uccise, durante un litigio, un capo operaio e che, per la paura di essere condannato, scappò nella vicina Asia. Rientrò quando ormai era entrato nei quaranta anni, per cui possiamo ritenere che sia rientrato a Tebe durante il regno di Smenkhkara (1386 a.C.), organizzando l’Esodo in cui avrebbe perso la vita il giovane faraone.
    Questa ipotesi porterebbe Ramose a essere nato durante il regno di Amenhotep III e ad essere grosso modo coetaneo di Amenhotep IV.
    Ritengo però che la Bibbia abbia incorporato alcune figure, per cui il Mosè salvato dalle acque sarebbe un antenato del Mosè dell’Esodo. A mio parere, il Mosè salvato dalle acque potrebbe essere stato salvato da Hatshepsut e dalla sorellina Neferubity intorno al 1545 a.C. Gli sarebbe stato dato il nome egizio Amenhotep, sarebbe stato adottato da Thutmose I e sarebbe passato alla storia col soprannome Senenmut.
    Senenmut e i suoi discendenti avrebbero avuto incarichi importanti a corte, fino ad arrivare all’incarico di Visir di Ramose, stesso nome del padre di Senenmut.

  5. Ogni civiltà antica si è organizzata attorno alla conoscenza di ordine principiale, riferita alla consapevolezza sovra individuale dei princìpi universali che modulano, ordinandone lo svolgimento, le realtà individuali e quella collettiva. Principi a basso grado di relatività che derivano dal principio di unità dal quale unicità e molteplicità irradiano le loro possibilità di essere. Dunque conoscenza di ordine metafisico e governo politico stanno tra loro in un rapporto analogo a quello che vede la contemplazione essere superiore all'azione che, senza conoscenza dei princìpi, diviene vana agitazione. In questa ottica centrale nulla di nuovo può essere concepito, perché i princìpi universali sono gli immutabili assi attorno ai quali l'esistenza ruota nel suo ciclico manifestarsi. La verità è una in essenza e può essere descritta, in ciò che di essa è comunicabile, anche usando parole diverse, ma sempre il senso che ha non può essere oggetto di mutamento.

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